Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

domenica 10 agosto 2014

Obiettivo felicità!

Ne è passato di tempo, e posso dire di aver vinto contro il mobbing.
Non ho ancora vinto una causa, ma ciò che mi importa veramente è esserne uscito: la mia vita ora è fatta di nuovi obiettivi, di rinnovate speranze, di nuove soddisfazioni professionali, e soprattutto di una grande voglia di vivere.
 
Di questo periodo terribile non butto via tutto, anzi! Qualsiasi esperienza, anche la peggiore, può offrirci la possibilità di conoscere meglio noi stessi e gli altri, può aiutarci a superare meglio le difficoltà future, può insegnarci a dare il giusto valore alle cose. Per esempio, nelle difficoltà si impara davvero cosa sia l'amicizia, quella cosa che appare così scontata quando le cose vanno bene. Credo che, sotto molti aspetti, oggi io sia una persona migliore di quella che ero.
 
La vita è fatta di problemi, ogni giorno ne dobbiamo affrontare qualcuno. Quando però si presenta un problema grosso, inaspettato, rispetto al quale siamo impreparati, andiamo nel panico, ed è quello che avviene col mobbing. Una chiave per superare il problema è lavorare su noi stessi, per limitare paure incontrollate e decisioni sbagliate.
 
Il nostro fine nella vita deve essere uno: la felicità. E' forse un'utopia raggiungere questa destinazione, ma è un nostro sacrosanto diritto, ed anche un dovere, provarci. Forse non ce la faremo, ma sapere che andiamo in quella direzione, e che siamo entusiasti di farlo, ci fa godere di ogni piccolo progresso. E quando qualcuno, ingiustamente, si pone di traverso lungo il cammino verso questo obiettivo, dobbiamo trovare gli strumenti per superare l'ostacolo, e dobbiamo farlo in fretta, perché il tempo è merce più preziosa del denaro.
 
Spesso nella vita i problemi dipendono da noi stessi, dalla nostra incapacità di adattarci alla realtà, da modi di essere e di vedere le cose che ci appaiono come giusti, ma in realtà non lo sono. Di fronte ad ogni situazione critica la prima domanda che dobbiamo porci è: "E' colpa mia?" Se, anche soltanto in minima parte, la risposta è si, dobbiamo lavorare su noi stessi per modificare quanto di sbagliato abbiamo posto in essere. Poi, sarà entusiasmante osservare quanto sarà migliorata la nostra vita.
 
Se invece non abbiamo responsabilità, se il problema deriva dal contesto in cui viviamo e da decisioni prese da altri, dobbiamo tentare di modificare questo stato di cose. Dobbiamo usare l'arma della ragionevolezza e della persuasione. Può ovviamente non bastare, e di norma non basta nel caso del mobbing dove il problema non è affatto casuale, ma è anzi creato ad arte per metterci in difficoltà. In ogni caso affrontare la situazione in modo aperto e senza mostrare paura può solo avere effetti positivi: darà forza a chi ha a sua volta paura, e dimostrerà il nostro valore come persona. Soprattutto sarà il modo per non dare soddisfazione al mobber, il quale invece di norma gode nel vedere i segni della sofferenza nelle sue vittime. 
Ma ciò che è importante davvero fare è cercare di capire se questa situazione può avere vie d'uscita positive. Se la risposta è no, dobbiamo pensare che il nostro obiettivo non sarà raggiunto. Allora io dico che se non abbiamo la possibilità di modificare la realtà, abbiamo il dovere di uscire da quella realtà, e dobbiamo trovare il coraggio per farlo. L'alternativa, d'altra parte, è resistere in una situazione in cui le nostre forze tendono inevitabilmente a diminuire, e, quanto più deboli siamo, tanto più è facile venire schiacciati dai nostri nemici, che altro non aspettano. Andarsene non è una sconfitta: è la nostra immediata sopravvivenza, è la possibilità di riorganizzare le forze e prendersi una rivincita, professionale e legale.
 
Il mobbing si presenta sempre allo stesso modo, ma ogni situazione è un caso a sé. Una ricetta per uscirne che valga sempre e per tutti non può esistere, ma credo che sia importante individuare le nostre priorità e le armi di cui disponiamo, per compiere scelte coerenti.
La mia idea è che il fine della vita non è la sopravvivenza, non è resistere alle vessazioni, non è diventare dei martiri. Se siamo convinti che c'è qualcosa di molto più grande e affascinante da chiedere al nostro futuro, le decisioni ed i comportamenti che deriveranno da questa consapevolezza basteranno per farci uscire dalla palude in cui siamo costretti.