Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

martedì 30 ottobre 2012

sabato 20 ottobre 2012

Mobbing tabù sociale

E’ così che un lettore di questo blog ha definito il mobbing. Sono perfettamente d’accordo con lui: per vari motivi questa forma di violenza non riceve la stessa attenzione di altri fenomeni altrettanto odiosi, come ad esempio il bullismo o lo stalking.
Probabilmente se la vittima è una donna perseguitata da un uomo che non si rassegna al fatto di essere rifiutato, oppure se si tratta di un bambino indifeso alla mercé di una banda di teppistelli, la società è più incline a prendere posizione, perché è un dato facilmente condivisibile stare dalla parte di donne e bambini. Il mobbizzato invece può essere un uomo o una donna anche di 40, 50 anni, con uno stipendio, un contratto di lavoro, con la possibilità di ricorrere ad un avvocato, magari iscritto pure ad un sindacato. E poi la violenza che subisce fa molto meno rumore: non viene preso a schiaffi, non viene tempestato di telefonate, non c’è nessuno che si apposta per studiarne i movimenti. Poi, diciamolo chiaramente: essere mobbizzati è anche una roba un po’ da sfigati. Se subisci mobbing, normalmente i tuoi colleghi ti evitano: è molto più comodo nascondersi nel branco piuttosto che difendere un collega, assumere una posizione, esprimere almeno solidarietà. Gli struzzi si autoassolvono pensando che nulla avviene a caso, e che se qualcosa di negativo è capitato a qualcuno, allora se lo sarà meritato. E poi, ed è forse la cosa più importante, in un luogo di lavoro è sempre meglio parteggiare per chi esercita il potere piuttosto che per chi lo subisce.
Forse è per la somma di tutte queste ragioni che se ne parla poco. Eppure il mobbing può avere in alcuni casi conseguenze decisamente più devastanti dello stalking o del bullismo. Non è certo mia intenzione stilare una classifica in cui evidenziare se un tipo di violenza è peggiore di un’altra, perché ogni caso è un caso a sé; ma è un dato di fatto che il mobbing riguarda centinaia di migliaia di lavoratori, persone che ogni giorno consumano la propria riserva di ottimismo, vitalità, salute. Finendo spesso per patire conseguenze psico-fisiche molto gravi, oltre alla perdita del posto di lavoro e tutto ciò che ne consegue nell’economia familiare. Il tutto in un silenzio totale, particolarmente assordante proprio nel luogo in cui la violenza si consuma. Questo è uno degli aspetti peggiori da sopportare nel mobbing: l’indifferenza di chi ti lavora accanto.