Dal 31 dicembre 2010 scattano le nuove norme per eliminare le condizioni di stress dei dipendenti. Aziende grandi o piccole, pubbliche o private, la recente circolare del Ministero del Lavoro contiene le procedure da adottare
Tutti ne abbiamo sofferto, molti ne soffrono ancora. Quando i carichi di lavoro sono eccessivi, quando i ritmi diventano pressoché insostenibili, quando orari e turni inghiottono la vita privata e i conflitti fra colleghi si trasformano in "attacchi di bile", ecco, in queste e molte altre evenienze si rientra in una situazione di stress da lavoro. Oggi, con l'attuazione del Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, diventa un obbligo per le aziende, grandi o piccole, private o pubbliche che siano, mettere in atto misure per eliminare o ridurre al minimo lo stress da lavoro.
Un importante passo in avanti poiché fornisce ai datori di lavoro pubblici e privati e ai lavoratori stessi uno strumento fondamentale per attuare correttamente la legge in materia di valutazione del rischio con riferimento allo stress correlato al lavoro. Le procedure delineate nella circolare del ministero del Lavoro dovranno essere applicate dalle aziende a partire dal prossimo 31 dicembre 2010.
Un atto dovuto, perché sia le normative europee sia quelle nazionali affermano che "la valutazione dei rischi da lavoro deve comprendere tutti i rischi per la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori". Si stabilisce, quindi, che tra questi rischi oltre ai fattori tradizionali (uso di sostanze nocive o di macchinari pericolosi) rientrano ormai anche i rischi di tipo immateriale, come quelli che riguardano lo "stress lavoro-correlato".
L'individuazione di questa nuova categoria di rischi viene demandata dal ministero a una commissione composta da esperti del governo, delle Regioni e delle parti sociali volta a definisce un percorso per identificare il livello minimo di attuazione dell'obbligo al quale dovranno attenersi tutti i datori di lavoro. Secondo l'Accordo europeo dell'8 ottobre 2004, lo "stress lavoro-correlato" è definibile come la "condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro". Il ministero del Lavoro ha poi precisato ulteriormente questa ampia definizione circoscrivendo le cause a "fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro".
Nello specifico la valutazione verrà fatta non sui singoli lavoratori, ma su "gruppi di lavoratori esposti in maniera omogenea allo stress". Il datore di lavoro stesso è tenuto ad effettuare questa valutazione servendosi di chi in azienda si occupa di prevenzione e protezione, oltre a coinvolgere un medico competente, e avendo precedentemente consultato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
La procedura si svolgerà in due fasi. La prima è obbligatoria e serve a rilevare "indicatori oggettivi e verificabili" di vario genere (indice di infortuni, "specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori", turni, "conflitti interpersonali al lavoro" e così via). Qualora non vengano riscontrati elementi di rischio, il datore di lavoro si limiterà a scriverlo nel Documento di valutazione del rischio, includendo, però, un piano di monitoraggio.
Qualora, invece, emergano fattori di stress, la fase due prevede che vengano adottati in azienda "opportuni interventi correttivi". Se questo non dovesse bastare, si passerà alla "valutazione approfondita", servendosi anche di "questionari, focus Group e interviste semi-strutturate". Più semplice la procedura per le imprese che impiegano fino a 5 lavoratori, dove basterà indire delle riunioni tra datore di lavoro e dipendenti.
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